Vardón sì da descóre, ma ancia da rivà a ‘na conclusión. Par fà calcòssa, par nó lassà massa rebandonàth i nòstre bósch. Se torna fòra i vèci i ne cópa…


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lunedì 14 febbraio 2011

Ferie in bosco

Oggi sono rientrato al lavoro abituale, dopo due settimane di lavoro in bosco e una di spacco della legna a casa.  Fatica, ma soddisfazione. Qualche problema, ma si risolve e poi si continua. Il mio precedente post (col senno di poi...) è risultato profetico: tre settimane di bel tempo non si vedevano da troppo tempo...
Il mio bosco, quello in cui ho cominciato il taglio quest'anno, ha bisogno di essere rinnovato. Lo comperai negli anni '80, dopo che era mancato un mio zio, il precedente proprietario.  Da allora ho solo diradato delle piante sottomesse, lasciando le migliori per sviluppo e conformazione. Si tratta di un carpineto di alto fusto quasi puro, con presenza ridotta di robinia.  Adesso mi ritrovo con un bosco maturo, che più sviluppato di com'è non potrebbe diventare (13 piante di carpino bianco tagliate, circa 200 quintali di legna stimati allo stato fresco).  Ho cominciato a togliere delle piante in maniera da far entrare la luce perchè possano germinare i semi, nascere e svilupparsi  le nuove piantine. Dove è già entrata della luce - causa piante stroncate dalle trombe d'aria - la rinnovazione è già presente ed esige di essere liberata dalla copertura sovrastante. Questa operazione di rinnovo del bosco è un passaggio cruciale non tanto per la difficoltà dell'operazione in sé, che è relativa, quanto per lo sconvolgimento a livello psicologico, del sottoscritto, ormai abituato a riconoscere le vecchie piante che erano lì da tanto tempo e che da ora dovranno essere piano piano rimpiazzate da altre, che per il momento non ci sono. Dieci anni circa, il tempo per questo ricambio,  quindi un nuovo soprassuolo giovane prenderà il posto delle piante che ho tolto. L'esperienza l'ho già fatta in Ligont, in condizioni simili. Nella mia zona non siamo in tanti a trattare (cioè tagliare) i carpineti - più o meno puri - nel modo che ho descritto (schema che ricorda quello dei tagli successivi, con diradamenti ripetuti, soprattutto dal basso, fino a maturità e poi preparazione-sementazione-sgombero). Il taglio che va per la maggiore qui da noi, tanto per dire quello fatto all'antica, prevede infatti il prelievo delle piante di più grosso diametro e il rilascio di quelle di dimensioni inferiori, indipendentemente dalle condizioni generali di quest'ultime (unico criterio: tagliare il grosso e lasciare il fino, per essere chiari).  A mio avviso, ciò determina una selezione negativa dei soggetti a cui viene affidato il compito di perpetuare il bosco, dal momento che si prelevano principalmente piante dominanti (altrimenti non sarebbero più grosse delle altre) e si rilasciano quelle  sottomesse, con chioma scarsa,  troppo asimmetrica, mezza secca o talvolta quasi nulla poiché ridotta a una misera frasca. Credo che non ci vorrebbe molto per affinare l'occhio e rilasciare dei soggetti migliori di quelli che più frequentemente capita di vedere dopo il taglio, che nella grande maggioranza dei casi fanno pena: basterebbe alzare lo sguardo verso l'alto e  constatare se la chioma c'è o meno e se quella pianta è i grado di mantenersi diritta una volta isolata oppure no. Ma forse questo, per qualcuno, significa perdere tempo...
Prossimo post sullo spacco della legna...